Frantoio Mazzarrini

Azienda

VARIETÀ OLIVI

varieta olivi Le varietà usate dalla Famiglia Mazzarrini sono quelle storicamente più tipiche della Val di Chiana. Queste sono: il Leccino; il Frantoio; il Moraiolo; il Pendolino. Perché vengono specificate queste varietà? Perché ognuna conferisce una certa determinata qualità all’olio, ma anche perché ognuna di queste ha un particolare pregio ambientale. Per capire meglio quanto affermato, sarà meglio iniziare a descriverli un per uno.

Proprio come dice il nome, Leccino, se curato bene esso a prima vista sembra morfologicamente un Leccio. Però, se lo analizziamo più attentamente, noteremo che li accomuna anche altre caratteristiche. Per esempio l’alta resistenza alle avversità climatiche e microbiologiche e l’elevata adattabilità ai diversi tipi di terreno. Esso produce costantemente olive verdi, che diventano nere solo quando hanno raggiunto la piena maturazione. Queste danno un olio non molto denso, tendenzialmente giallo, dal gusto ed odore tenui, ma riconoscibili.

Non a caso si chiama Frantoio. Esso, proprio come l’ambiente del frantoio, risente delle avversità climatiche. Sebbene, quando queste sono favorevoli, danno un’esplosione in quantità ed in qualità che inebria. Difatti, l’olio che la varietà Frantoio produce è verde scuro, denso, dal sapore e dall’odore marcato. Le olive nascono verdi e con il trascorrere della maturazione diventano sempre più nere. La pianta deve essere ben curata anche perché tende a divenire possente.

Chissà perché questo si chiamerà Moraiolo? Forse perché le olive che produce ricordano le more. Proprio come le more, nascono verdi e diventano subito viola, sebbene, aumentando il grado di maturazione, virino al nero. In generale sono presenti a grappolo. L’olio che ci danno è tendenzialmente giallo, con spiccate note di amaro, piccante ed astringente. La pianta ha un portamento rado e molto sensibile alle avversità sia climatiche che microbiologiche.

Evitando imbarazzanti doppi sensi, è giunto il momento di parlare del Pendolino. Il nome non fa onore al suo ruolo, ma alla sua morfologia. Difatti ad un occhio inesperto può sembrare un salice piangente. Proprio come il salice ha molta resistenza alle avversità climatiche e microbiologiche ed un portamento longilineo. L’olive sono sempre verdi tranne che all’ultimo stadio di maturazione, che diventano nere. L’olio che ci da è tendenzialmente verde, con odori e sapori poco marcati, ma riconoscibili. La sua funzione principe è quella d’essere l’impollinatore per eccellenza. In grandi linee questi sono i distinguo. Però ci sono alcune cose che li accomunano. Innanzi tutto prediligono terreni sassosi o comunque ben drenati. In quanto temono i frequenti o prolungati casi di ristagno. S’impollinano incrociandosi con il vento. Raramente ci sono casi di autoimpollinazione. In questa fase temono tutto: il troppo caldo ed il troppo freddo, rispettivamente temperature superiori ai 25°C ed inferiori ai 15°C, la pioggia, la nebbia, il vento impetuoso, ecc… . Questo periodo dura circa una decina di giorni, i quali di solito vanno a cadere nella prima metà d’Aprile. Esso determina la quantità d’olive e si chiama “tramatura”. La qualità dell’olive e quindi dell’olio è dovuta dal fatto che, durante il periodo che va dall’allegagione alla raccolta, il frutto e la pianta sono soggetti ad avversità climatiche, quali la grandine e la nebbia, le quali, ferendo e mantenendo umido l’ambiente, facilitano la penetrazione della “rogna”, dell’ “occhio di pavone”, della “lebbra” e/o della “fumaggine”. Inoltre, il repentino innalzamento delle temperature dopo tali avversità o anche la pioggia, facilitano il propagarsi degli insetti quali: la “mosca”, la “tignola”, l’ “oziorrinco”, la “cocciniglia mezzo grano di pepe e/o cotonosa”. Contrariamente a quanto si possa pensare da tutta questa descrizione, per fare un olio di alta qualità, occorre una buona armonia di mescolanza fra le diverse varietà.

FRANTOIO

frantoio Ad oggi il Frantoio della Famiglia Mazzarrini è un impianto dell’Azienda Pieralisi, di tipo continuo ed integrato, trifase, da circa 25q.li/ora, con cinque aree di sosta. “q.li” è la sigla di quintale, un quintale è 100Kg.. Bello vero! Sì, ma come si procede? Innanzi tutto mettiamo le olive all’interno dei nostri cassoni e poi bisogna sforzarsi di tener ben presente l’esigenze dei clienti, fino a dove ci è possibile. Per questo motivo, quando vengono a pesare le olive per entrare nel programma di lavoro del giorno dopo, chi ha almeno 3q.li di olive ed eventualmente già fa parte attiva di determinati organismi di controllo, se ce lo comunica subito, garantiamo, non solo l’indipendenza di produzione, ma anche la continuità di documentazione. Dico: documentazione, perché il frantoio tal quale non può rilasciare certificazioni, le quali richiedono analisi sia chimica che fisica, ed organolettica. Però contribuisce a quella dicitura di legge che enuncia: “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Per chi invece ha meno di 300kg. d’olive facciamo una massa comune fino al raggiungimento di circa 4q.li prima di procedere alla lavorazione. Fatta questa pesata fiscale, immagazziniamo le olive nell’apposita area di stoccaggio. Come programma vuole, il muletto con forca rotante immette l’olive nel circuito d’estrazione, travasandole dai cassoni alla tramoggia. La tramoggia non è altro che una vasca ad imbuto. Grazie ad una rete a maglie larghe viene fatta una prima pulizia da eventuali rametti e corpi estranei. Una volta così pienata la tramoggia diamo il via ai macchinari.

Il primo macchinario che s’avvia è il nastro trasportatore, il quale fa cadere l’olive, prima nel defogliatore e poi nella lavatrice. Il defogliatore soffia via tutto ciò che è più peso delle olive. La lavatrice lava l’olive mediante idromassaggio, il quale le sposta in un altro piccolo nastro trasportatore dove subiscono un veloce risciacquo, per così cadere in un’altra piccola tramoggia. La lavatrice, oltre che a lavare l’olive dall’impurità, trattiene anche ciò che è più peso di loro. Da questa tramoggia, mediante una coclea, passano al frangitore, il quale riduce in poltiglia l’oliva intera, con il nocciolo. La coclea è una vite senza fine, la cui filettatura è così grande che prende il nome di elica. Il frangitore ha una velocità di circa 1800giri/min., questo permette una distruzione meno violenta, la quale riduce quell’amaro-astringente che, in eccesso, potrebbe dar fastidio. Il frangitore sarebbe, volgarmente, il vecchio molino a pietra. Questo, invece, è un motore, che fa girare dei martelli, all’interno di una griglia, in modo tale che il nocciolo esploda rimanendo spigoloso. Quello che ne esce si chiama semplicemente pasta d’olive, la quale viene spinta, mediante una pompa mono, all’interno della gramola. La pompa mono non è altro che una pompa, la quale, spingendo a pressione costante, evita il riscaldamento e l’emulsione. Nella gramola la pasta d’olive subisce un semplice e lento impastamento a temperatura controllata con un minimo contatto d’aria. Tutto questo facilita l’aggregazione delle molecole oleose e quindi la loro successiva estrazione. La pasta d’olive esce dalla gramola mediante un’altra pompa mono.

Una volta che la pasta d’olive è uscita tutta si sciacqua velocemente, in modo tale da garantire l’individualità della lavorazione. La gramola non è altro che una vasca nella vasca, nella cui intercapedine circola acqua più o meno calda in modo tale che non vengano mai superati i 27°C, i quali, assieme al risciacquo effettuato a fine partita, sono indispensabili per fare qualsiasi tipo di certificazione. La pompa mono spinge la pasta d’olive all’interno del decanter, il quale, per forza centrifuga, separa, non solo il liquido dal solido, ma anche, seppur in maniera grossolana, dato che ha una velocità di soli 3000giri/min. circa, l’acqua di vegetazione dall’olio. La parte solida si chiama sansa, la quale per noi è uno scarto, ma per molti è materia prima. Questo perché può essere usata: come integratore alimentare per la zootecnia; per l’estrazione del nocciolino e quindi il paté rimanente come concime o alimentatore per le biomasse; nelle raffinerie per l’estrazione chimica dell’olio, così detto “di sansa”, che a sua volta può essere utilizzato nell’industria cosmetica, per la produzione di saponi o lubrificanti, invece per essere usato come alimento umano, deve essere prima tagliato con una certa quantità di olio extravergine, meglio vergine, d’oliva, in modo tale da ottenere il famoso olio d’oliva. L’acqua di vegetazione e l’olio vengono ulteriormente e rispettivamente centrifugati da due distinti macchinari, i quali si chiamano separatori. Questi lavorando a circa 7000giri/min. riescono rispettivamente a togliere l’olio dall’acqua ed a ripulire l’olio dalle varie impurità. L’olio che esce è pronto per il consumo e l’eventuali certificazioni. Però, per una maggiore pulizia del prodotto, consigliamo di fare un primo travaso dopo circa quaranta giorni ed un secondo travaso fra Marzo ed Aprile. Il travaso è quell’operazione che deve essere fatta con estrema calma, perché si basa sulla decantazione naturale. Per cui le impurità le ritroviamo tutte sul fondo. Queste prendono il nome di “morchia” e se non tolte possono conferire cattivo sapore ed odore, perché, essendo comunque materia organica viva, quando le temperature salgono essa fermenta. Comunque sia, deve essere conservato in appositi fusti d’acciaio inox il più a lungo possibile prima di venire imbottigliato. Questo perché, in tali contenitori, non c’è contatto con luce, aria e sbalzi gravi di temperatura.

OLIO

olio Il livello più alto stabilito dalla legge per l’olio ottenuto dalle olive è quello denominato extravergine. Il quale non è altro che quell’olio con cui la Famiglia Mazzarrini tratta da sempre. Come si fa a determinare ciò? Fondamentalmente basta un’analisi chimica. Però, per essere ufficialmente pignoli, essa da sola non basta. Serve anche un’analisi organolettica. Queste due analisi sono indispensabili per chi vuole vendere l’olio extravergine d’oliva. Perché l’una ratifica l’altra. Proprio come stabilisce la Legge, ossia: “acidità espressa in acido oleico inferiore all’0,8% ed esente da difetti”. Capite bene che per quanto riguarda l’acidità, espressa in acido oleico ed altri parametri chimico-fisici, basta dare il campione d’olio al laboratorio specializzato che te lo determina in breve tempo. Però per quanto riguarda lo stabilire l’esenzione da difetti, beh…, per questa occorre molto più tempo. In quanto bisogna raggruppare una commissione d’assaggio di non meno otto persone qualificate in condizioni descritte minuziosamente dal Regolamento del C.O.I. e ratificato da leggi nazionali. Il C.O.I. è il Consiglio Oleicolo Internazionale, il quale ha sede a Madrid, la capitale della Spagna, la prima Nazione al mondo che ha omogeneizzato la qualità dell’olio per renderlo concorrenziale sulla qualità del prezzo e non sulla qualità della tipicità. Sebbene sia sempre qualità il loro scopo è praticamente opposto. Per fortuna, una volta stabilita la qualità generale dell’olio, se autorizzate dal diretto interessato, entrano in gioco le varie certificazioni locali, possibilmente riconosciute a livello internazionale, molto apprezzate dagli apparati burocratici. Queste si autoimpongano delle regole ancora più restrittive e caratteristiche, proprio per esaltare la qualità tipica del loco. La quale è molto ricercata dalla clientela, finché non viene messa al corrente di quanto costa quel litro d’olio extravergine d’oliva certificato.